Pensavamo di avere le ore contate. Guardando al di là dello schermo vedevamo soltanto la mano predatrice dell’uomo. Dietro tutta questa cenere di corpi bruciati, sopra le carcasse delle balene spiaggiate. Davanti agli sguardi increduli dei nostri figli. Senza fare nulla per cambiarne le sorti. Senza muovere un dito se non per cambiare l’immagine: dalle rovine ai selfie. Schiacciando il pulsante del telecomando dell’indifferenza, non pensavamo di poter cambiare il mondo. Credevamo che non ci fosse più coscienza e compassione per la natura tutta. Anche se ogni tanto qualche briciola d’estetica cadeva dal sacchetto svolazzante che per un attimo pareva vivo. Briciole d’estetica verticale dei grattacieli che come finti nuovi alberi scintillanti, s’innalzavano silenziosi,dalle grigie ex periferie. Eravamo così sicuri che nessuno mai e poi mai,avrebbe potuto cambiare le sorti. Che nessuno avrebbe potuto fermare il treno nella sua pazza corsa verso il ponte distrutto da chi lo aveva costruito. Perché miliardi d’immagini ci avevano distolto dalla verità. Fotoshop al posto della Treccani. Storie dipinte e ridipinte dove ombre e luci cambiano ma i concetti restano e con loro i fatti, compiuti da qualcun’altro lontano da noi. Giocando a guardie e ladri sulle macerie fumanti, pensavamo che nella sua crudeltà, uomo e umanità fossero destinati a seguire il loro immutabile destino di morte. Come se il tempo fosse già passato. Vedevamo il fiume trasportare a valle un fiume di malattie. Vedevamo il mare popolato da nuovi plastici abitanti. Ferito a morte dalle eliche e dai depuratori guasti. Osservavamo impotenti, nuove isole formarsi nel mezzo dell’oceano. Isole grandi come stati, stati nemici che ci avevano dichiarato guerra. Aumentavano i casi di cancro che disegnavano, sulla faccia della terra, una nera macchia di lupus in fabula. Guardavamo perciò la faccia stupita della Luna e chiedevamo aiuto a Marte.
E invece…………