Osservando dei semplici dati sullo sfruttamento del Mediterraneo si può facilmente capire chi sta riducendo in una poltiglia senza vita e probabilmente anche velenosa il mare nostrum. L’Italia sfrutta le risorse ittiche più di ogni altro paese affacciato a questo bacino chiuso totalizzando,da sola addirittura un terzo di tutti gli sbarchi del pescato. Secondo i dati forniti dalla CGPM (Commissione Generale Pesca Mediterraneo) oltre il 90% delle specie demersali ( che vivono in prossimità del fondo)sono in sovrasfruttamento e addirittura il 100% di esse in Adriatico. Ma il dato che colpisce è il rapporto tra quantità di pesce pescato e quantità allevate in acquacultura, dato che si evince dalla differenza dei valori di scambio tra le due diverse tipologie di attività. Mentre la pesca è praticata nel Mediterraneo per lo più con tecniche artigianali, l’acquacoltura ha assunto ormai un ruolo industriale fondamentale nel settore, battendo dieci a uno la prima. https://www.researchitaly.it/uploads/13672/La%20gestione%20della%20pesca%20nel%20Mar%20Mediterraneano%20e%20nel%20Mar%20Nero_%20M.Bernal.pdf?v=27c7c23. La realtà che nascondono questi dati è che la ragione principale del sovrasfruttamento è che in mare ormai c’è più plastica che pesce già adesso e non tra cinquant’anni . I pescatori sono disperati e,anche se hanno contribuito al declino di quasi tutte le specie demersali essi sono ben lungi dall’esserne i primi responsabili. Che la pesca in Mediterraneo sia in crisi lo sanno tutti,quello che non viene detto però è la vera ragione di tale crisi. Parlo quotidinamente con i pescatori e vedo con i miei occhi quello che raccolgono con le loro reti. Plastica. Moltissima della quale proveniente dalla coltivazione delle cozze. Le reste delle cozze sono dappertutto. Gli allevamenti di branzini e orate suppliscono e rimpiazzano la pesca tradizionale. Le due attività, miticoltura e ittiocultura sono compatibili mentre pesca tradizionale e acquacoltura stanno diventando sempre più incompatibili a causa della distruzione che la seconda sta causando. Le reste delle cozze uccidono il mare limitando,di fatto la concorrenza dei pescatori tradizionali nei confronti degli allevamenti di spigole e orate. Dalle spiagge dell’Adriatico alle spiagge di Olbia ed Oristano,una distesa di retine di plastica. Il bello è che ci è stato detto che l’acquacultura avrebbe salvato il mare.
La plastica viene prodotta a terra. Le “reste” delle cozze,così si chiamano queste retine in polipropilene nelle quali vengono fatte crescere le cozze,non sono le uniche plastiche che finiscono in mare. Purtroppo i dati che arrivano sulla tipologia del marine litter nel Mediterraneo provengono,cosa assai curiosa,non da un ente certificato ma bensì da Legambiente che lavora con volontari. Questi dati non definiscono le diverse tipologie di materiale plastico. Sarebbe il caso di avviare studi seri. Ho gli occhi per vedere quello che raccolgo e quello che raccolgono i pescatori. I pescherecci assomigliano a dei centri di raccolta differenziata. Vedo cose che nessuno vuole vedere e mi domando perché. Dico cose che nessuno vuole sentire e infine faccio cose che nessuno vuole fare. Perché? Forse perché quello che vedo non fa bene all’economia del paese. La produzione di plastica è uno dei più fiorenti mercati europei e mondiali. E forse non fa bene all’economia locale. L’acquacultura impiega dieci volte tanto personale che l’attività della pesca tradizionale . Quello che dico poi nelle varie sedi alle quali mi è capitato di parlare è scomodo. Il fatto stesso di denunciare la situazione che vedo è fastidioso per chi dovrebbe difendere il Mediterraneo. Mi è stato chiesto di rimuovere i miei post. Anche da chi è preposto alla difesa del territorio con la scusa che quello che ho pubblicato avrebbe potuto arrecare danno d’immagine. Di sicuro il danno non lo faccio io con il mio insignificante blog. Non sembrano accorgersi che quel che scrivo è evidente e che non sono di certo io ad arrecare loro un danno d’immagine ma l’evidenza dello sfascio nel quale si trova il nostro mare. Questi signori non si preoccupano della cosa che più importa: la salute del mare e delle persone. È in gioco l’ecosistema intero. È fastidioso quello che faccio. Quando raccolgo la plastica mi guardano tutti stupiti. Ma come, è Pasqua e questi qui, mamma, papà e figlio, invece di fare il pic nic, raccolgono rifiuti? Non sarà mica che lo fanno per qualche motivo? Non sarà per farci fare la figura degli stupidi o peggio, dei fannulloni?
No. Non è perché voglio buttarvi addosso tutta la merda che finisce in mare. Non è per accusarvi di non fare nulla o di essere voi stessi complici o addirittura i primi responsabili. Non ce l’ho con voi,ce l’ho con la plastica. Non mi do importanza, siete voi che,per paura, me ne date. Avete così paura di perdere quello che avete che non vi accorgete che la mia mano è tesa, basta afferrarla e venire con me a cercare di rimediare. Quello che rischiamo tutti di perdere è il mare. In una poltiglia di rifiuti tossici non si possono allevare le cozze e le orate. Non si possono fare studi di biologia. Non si può pescare.I pescatori sono in via d’estinzione proprio come i pesci che pescano. Per questo si ribellano. Se non volete vedere cosa uccide la natura, continuate a guardare i dati positivi e mangiare tranquillamente il pesce allevato. Se preferite non ascoltare chi vi chiede aiuto, parlando di cio che vede ogni giorno, continuate a parlare tra di voi. Se non volete fare come me,o come i pescatori che raccolgono tonnellate di plastica per poi doverla ributtare a mare, continuate pure con il vostro pic nic.
Ma non dovete preoccuparvi di quel dico o faccio. Dovete preoccuparvi di quello che vedo e sento. Vedo un mare di plastica e sento puzza di morte. Morte di un mare e delle sue tradizioni. Ve la prendete col nemico sbagliato. Il nemico è chimico. Non ho iniziato quest’azione per attaccare qualcuno ma per difendere qualcosa. Come i pescatori anch’io sono disperato. Anch’io dipendo economicamente dal mare ma non sono i soldi che mi preoccupano. Con il Mediterraneo muore la nostra storia. In pochi decenni la plastica avrà cancellato duemila anni di storia,di tradizioni e distrutto un ecosistema unico al mondo.
Quello che non bisogna fare è trasformare i pescatori in semplici spazzini,continuando a lasciare che le attività produttive industriali e la mala gestione dei rifiuti versino tonnellate e tonnellate di rifiuti in mare. Quello che non bisogna fare è parlare soltanto di modelli di produzione,sensibilità dei consumatori e riduzione dell’impiego di questi materiali. Indubbiamente bisogna assolutamente cambiare questi tre parametri in Italia ma è necessario affrontare,ancora una volta, l’emergenza. Ci vogliono dei soldi per finanziare le bonifiche, tanti soldi e dovremo pagare tutti, per primi coloro i quali direttamente inquinano il mare. Ci vogliono i controlli e le proteste della gente ma anche di chi deve dare l’esempio. Ci vogliono dei campioni. Attori,personaggi famosi e studiosi che diano l’esempio. Ci vuole la politica. Comuni e regioni devono difendere il loro territorio e le loro tradizioni , le loro genti e la loro natura. Ci vuole infine una discussione operativa dove vengano esposte anche le proposte per risolvere immediatamente le problematiche legate alle plastiche in Mediterraneo. Quello che non bisogna fare è lasciare alle associazioni ambientaliste il compito di monitorare,bonificare e denunciare il degrado ambientale e soprattutto non lasciare che questa lotta venga portata avanti da una sola categoria come quella dei pescatori che sono la prima vittima dello sfruttamento globale. Non lasciateci soli.